«Domenica prossima la ucciderò. È il colmo, vero? Il giorno in cui Dio risorge, lei muore». In Irlanda, ai nostri giorni. Un uomo in confessionale rivela a padre James Lavelle di essere stato molestato da bambino da un sacerdote: si vendicherà uccidendo lui, un buon prete senza colpe, di lì a una settimana. Quella con cui si apre il film è una dichiarazione di guerra, più che una confessione; eppure Padre James decide di trattarla come tale e affronta la sfida ma nella speranza di ottenere una conversione. Ha così inizio il suo Calvario, un cammino, scandito dai giorni della settimana, verso il sacrificio, sempre più determinato e consapevole eppure non scontato.
Dalla vicenda emerge un tratto costitutivo della figura del prete. Padre James è deciso a seguire il cammino del suo Maestro e Signore: assumere su di sé il peccato dell’uomo, rappresentato da quella piccola comunità irlandese, che propone tutte le contraddizioni e i peccati dell’uomo di oggi. Eppure anche in questi personaggi resistono – magari esasperate, fino a diventare sfide e provocazioni – le eterne questioni cruciali della vita (il rapporto tra Dio e il male; l’insopportabilità di un’esistenza insensata, del dolore innocente, il bisogno di amore e di giustizia, di essere ascoltati e riconosciuti…). Il modo con cui il film affronta il problema del libero arbitrio sembra impedire, di fatto, di andare oltre il male esistente (rimosso il senso del peccato, ne rimane solo una maschera, il senso di colpa), lasciando inevasa una domanda capitale: come può l’uomo pretendere di essere capito, se non vuole essere salvato?
Quella di Padre James è una vocazione adulta, fiorita su una storia personale dolorosa e travagliata, che lo aiuta a essere un buon pastore. Egli sa bene che il peccatore ha bisogno di essere perdonato, ma non assecondato. Gli uomini e le donne del piccolo mondo a cui è stato mandato sembrano scagliarsi contro quella roccia di prete nella speranza di abbatterlo, come un padre di cui non si riconosce più l’autorità, ma a cui non si può fare a meno di guardare. Convincente l’interpretazione di Brendan Gleeson nei panni del protagonista e molto bella la fotografia di Larry Smith. Ma il contesto, così programmaticamente perverso, risulta piuttosto affettato, costruito a tavolino. Anche l’immagine di Chiesa che ne esce, tra il formalismo del vescovo e l’ottusità del confratello, oltre ad essere obiettivamente ingiusta, finisce con il non dar ragione dell’“integrità” di Padre James perché, riducendola alla sua statura eccezionale, non mostra dove essa affondi le radici.
Angelo Card. Scola Arcivescovo di Milano
(L‘articolo è stato pubblicato sulla rivista "SdC - Sale della Comunità" di Luglio-Agosto 2015)