I titoli di testa di questo film, opera prima del giovane regista iraniano Nima Javidi, scorrono su immagini banali, ma sottilmente inquietanti. Due mani sistemano degli indumenti piegati dentro involucri di plastica da cui con uno strumento apposito viene aspirata l’aria, così che occupino meno spazio in valigia: Amir e Sara, due giovani sposi, partiranno quella sera stessa per Melbourne, per perfezionare gli studi, ma chissà, forse per iniziare quella nuova vita che hanno sognato e accuratamente preparato. Con loro, in un piccolo appartamento ormai semivuoto, c’è la bimba neonata dei vicini di casa, che la baby sitter, costretta ad assentarsi per un impegno improvviso, ha lasciato in custodia a Sara. Ma qualcosa non va: la bambina, che credevano addormentata, non dà segni di vita. L’imprevisto entra drammaticamente a sconvolgere la vita dei due giovani che si trovano a confrontarsi da una parte con il volto misterioso e smisurato (fuori da ogni calcolo e misura) della realtà, e dall’altra con la loro impotenza a modificarla, nonostante i tentativi tanto goffi ed inefficaci quanto ingenui ed ostinati.
Domande intramontabili – da cinema classico – e universali interrogano la coscienza dei due protagonisti, passano dentro il loro io e la loro relazione come una scarica elettrica che li scuote: guardare in faccia la verità di quel che è accaduto, senza difendersi, o cercare di nasconderla a se stessi e agli altri? Accettare la responsabilità di comunicare la verità, assumendone tutto il rischio e portandone le conseguenze, o cercare accanitamente di “lavarsene le mani” o di scaricare sull’altro i propri sensi di colpa fino all’inganno e alla fuga?
In uno spazio angusto e chiuso in cui letteralmente manca l’aria, fuori e dentro i due protagonisti, la vicenda si snoda quasi in tempo reale, con ritmi e angoscia crescente, da cinema “hitchcockiano”. L’incessante agitarsi dei due giovani, segnalato da telefoni e citofoni che suonano continuamente e da un andirivieni di parenti e amici che vengono per il commiato, operai, padrone di casa e vicini premurosi, perfino l’intervistatrice per il censimento… esaspera la tensione e precipita in un finale che, nell’intenzione dei protagonisti, vorrebbe “voltare pagina”, ma di fatto è una fuga, suggellata dal pianto disperato di Amin, sul taxi che li sta portando all’areoporto.
Angelo Card. Scola Arcivescovo di Milano
(L‘articolo è stato pubblicato sulla rivista "SdC - Sale della Comunità" di Gennaio 2015)