Come in tutti i suoi film, il regista finlandese Aki Kaurismäki usa liberamente delle coordinate di spazio e di tempo, dilatandole fino alla dimensione simbolica. Il porto sulla Manica di Le Havre, nella sua accezione più profonda, diventa così rifugio sia per il protagonista, Michel Marx, che per Idrissa, un ragazzo del Gabon clandestino sbucato da un container e ricercato dalle autorità.
Michel, ex scrittore e noto bohémien, ha scelto di vivere lì con Arletty, la moglie-madre, una donna dolcissima e silenziosa, ma forte e determinata. È un microcosmo di diseredati e di bottegai, molto simili a quelli dei primi film del nostro neorealismo (evidenti i richiami a Miracolo a Milano), di case dimesse ma linde e dai colori vivaci, in cui tutti si conoscono e sono legati da un sentimento di affettuosa appartenenza. In questo ambiente Michel Marx esercita, con grande passione e signorilità, la professione di lustrascarpe ambulante perché - dice - «il lustrascarpe, insieme al pastore, è il mestiere più vicino al popolo e che di più rispetta i precetti del Discorso della Montagna ».
In effetti tutti i protagonisti di questa favola moderna sono dei puri di cuore. Essi mantengono intatta la dignità di uomini e donne dal cuore aperto, dalla solidarietà immediata e non esibita, dai gesti e dalle parole essenziali, rivelatori di un desiderio di Bene, che aspetta solo loccasione per manifestarsi e operare. Idrissa è il volto che si offre loro, perché lesigenza costitutiva del cuore di ciascuno di noi - amare ed essere amati - diventi esperienza.
In una commovente gara contro il tempo, mentre Michel è impegnato per favorire lespatrio di Idrissa verso Londra dove lo aspetta la madre, tutto il quartiere si mobilita per raccogliere il denaro necessario e le donne si alternano al letto dospedale di Arletty, che combatte contro un grave cancro. La sua situazione è disperata: «Restano i miracoli» dice il medico. «Non nel mio quartiere» chiosa, amara, la donna. Invece lamore opera davvero il miracolo. Tutti i tasselli del mosaico si compongono e ne rivelano il disegno buono: Idrissa, con la complicità di un ispettore di polizia sospettoso ma non inflessibile, riesce ad imbarcarsi per lInghilterra ed Arletty guarisce.
Limmagine irrevocabile che vi propongo è quella finale, che suggella il miracolo, appunto. Michel e la moglie sono scesi dal taxi che li ha riportati a casa. Lei ha un vestito giallo, come i fiori che lui le ha sempre portato in ospedale, dove per settimane ha combattuto contro la morte. Aperto il cancelletto di legno dellingresso, la cinepresa si alza sullalbero del piccolo orto e la donna esclama, incredula: «Il ciliegio è in fiore».
Angelo Card. Scola Arcivescovo di Milano
(L‘articolo è stato pubblicato sulla rivista SdC - Sale della Comunità di Ottobre 2012)