Daniele Vicari continua il suo viaggio a ritroso nella storia recente del nostro paese, e con
La nave dolce riporta lo spettatore allafosa estate del 1991, quando la Vlora approdò a Bari e ventimila albanesi, tra donne uomini e bambini, si riversarono sulle banchine del porto con il loro carico di speranze ed ingenuità. Ciò che segue è storia nota: dopo una settimana arriva da Roma lordine di rimpatrio, ma ormai si è aperta la stagione degli sbarchi e, negli anni a venire, la comunità straniera in Italia continuerà a crescere fino alle 4 milioni di unità attuali
Vicari, per raccontare questo incredibile dramma umano, abbandona gli stilemi della fiction che hanno caratterizzato la sua ultima produzione, e torna al documentario di inchiesta sociale che ne ha contraddistinto gli esordi. Potendo contare su uno straordinario materiale di archivio e sulla testimonianza di cinque protagonisti, ricostruisce la difficile situazione di quei giorni con impeto e passione, istaurando un rapporto emozionale con il pubblico, che esce dalla proiezione visibilmente commosso.
A Venezia, il film è stato accolto da una standing ovation unanime che sembra non ammettere replica. A chi scrive rimane invece un senso di perplessità rispetto allo sguardo adottato dal regista: acuto nel comprendere e delineare le ragioni e le azioni dei passeggeri della Vlora, a tratti miope nel considerare loperato di chi si trovò a gestire lemergenza.
Ciò nonostante ci si trova di fronte a unopera di indubbio valore ed un autore talentuoso, che ha il coraggio delle proprie idee e la capacità di tradurre in immagini ed emozioni la memoria collettiva del nostro paese.
Lucio Briziarelli