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È STATO IL FIGLIO   versione testuale
di DANIELE CIPRÌ

Periferia di Palermo. Casa popolare e lavoro in un cantiere, Nicola porta avanti la famiglia con l’unico cruccio di un figlio ormai ventenne e incapace di costruirsi un futuro o contribuire alle spese. La morte accidentale di Serenella, la figlia più piccola, che viene colpita a morte, ancora bambina, in un regolamento di conti mafioso, segna l’inizio del dramma.
Il risarcimento per i familiari delle vittime di mafia, infatti, anziché portare ai Ciraulo la ricchezza sognata, fa sì che si indebitino nell’attesa di ricevere i milioni di lire assegnati dallo Stato.
Una volta ricevuta la somma dovuta, poi, tolto ciò che Nicola deve agli strozzini, resta da spendere una cifra che gli consente di acquistare una Mercedes: simbolo di ricchezza riconoscibile in tutto il quartiere. Un danno alla macchina nuova scatena il conflitto padre-figlio che sfocia nel tragico finale.
Bella la fotografia, l’uso della macchina da presa a sottolineare la soggettività vissuta dai personaggi, la musica ora neomelodico-napoletana ora aria d’opera colta, elementi tutti tesi a creare un effetto straniante e raccontare con intelligente leggerezza il grottesco di un angolo di mondo.
Eppure qualcosa manca. Sarà l’approfondimento psicologico sui personaggi o la capacità di portare fino in fondo il registro farsesco, senza passare alla pura tragedia. Peccato. Soprattutto data l’abilità del regista e quella degli attori.
 
Tiziana Vox
 
 
 
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